È ciò che mi frulla in testa da qualche giorno.
È un grido nel più assoluto silenzio.
Ci sono momenti in cui abbiamo più bisogno di noi stessi e questo è uno di quelli, per me.
Ho lasciato da poco il mio lavoro, che per anni mi ha tenuta occupata. Ho cominciato a pensare all'organizzazione del nuovo, inerente alla fotografia, e com'è giusto che sia, è un mondo inesplorato e immenso.
Sto cercando la mia strada, quella che vale la pena percorrere e per farlo devo automaticamente prendere quelle più sbagliate.
Sono da poco stata a Cagliari per un'anteprima di ciò che potrei imparare lavorando sodo, e mi sono ritrovata a non avere neanche più fiducia in me stessa e nelle mie capacità.
Da quel momento ho avuto un blackout totale e mi sembra di aver deluso qualcuno, ma sicuramente ho deluso di più me stessa.
Non ero pronta a confrontarmi con la realtà delle cose e mi è stato tirato in faccia uno schiaffo di idea di ciò di cui avevo più paura.
Forse non era il momento giusto, forse non mi sono spiegata abbastanza bene o forse ci sono persone che pensano che buttarmici dentro e aspettarsi qualcosa da me che non ho, sia il modo più semplice.
Sono una persona che ama imparare dagli altri e odia mettersi in mostra quando non ha le basi per costruire qualcosa.
Ho cominciato a studiare per colmare le mie lacune e spero di riprendere presto con tutte le attività che avevo in mente.
Nel frattempo scrivo. Non è forse scrivere il rimedio migliore per affrontare i problemi?
Lo è. Lo è per me, da quando mettevo su carta nei miei diari ogni mio più piccolo pensiero. Lo è ancora adesso, ogniqualvolta io abbia bisogno di tirar fuori qualcosa che non riesco a esprimere.
Non riesco a esprimere come mi sia sentita, quel giorno.
Delusa.
Tradita.
Irrimediabilmente costretta a fingere di essere una persona che non sono.
Vuoto.
Buio.
Spento.
Tornerò quando tutto questo sarà superato.
Nel frattempo, scrivo.
Fuori c'è la guerra, ma qui dentro è anche peggio.
Ilaria
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